Elena Ferrara

DDL Cyberbullismo: alla Camera il compito di non snaturare la normativa

Il ddl 3139 contro il cyberbullismo sarà discusso alla Camera a settembre

Il ddl 3139 in materia di prevenzione e contrasto al cyberbullismo è calendarizzato dal 12 settembre alla Camera dei Deputati, dopo l’importante lavoro emendativo svolto dalle commissioni congiunte II e XII.  Un documento che mi vede prima firmataria dopo un lungo percorso cominciato nel 2013, a seguito della morte di Carolina Picchio, prima vittima acclarata di cyberbullismo: quattordicenne che conoscevo bene, essendo stata mia allieva al triennio della secondaria di primo grado, e che si è tolta la vita  il 5 gennaio 2013.

 

Le parole fanno più male delle botte: il percorso iniziato in Senato nel 2013

Carolina ci ha lasciato un messaggio chiaro, “le parole fanno più male delle botte”, auspicando che più nessuno potesse subire ciò che aveva coinvolto lei. Un messaggio raccolto con coraggio dal padre Paolo Picchio e che ho voluto mettere al centro del mio disegno di legge. Non appena eletta in Senato ho portato la tematica all’attenzione della Commissione Diritti Umani, ottenendo dal Presidente Luigi Manconi un incarico di referente condiviso con il Senatore Mazzoni per un’apposita indagine conoscitiva sul fenomeno del cyberbullismo: un fenomeno che allora non era certo percepito come lo è attualmente. Proprio dal lavoro svolto in Commissione Diritti Umani è nato il disegno di legge 1261, approvato all’unanimità in Senato il 20 maggio 2015.

Un ddl a tutela dei minori e non contro la Rete

1798737_337812483079313_6471133674495803196_nIl ddl non è contro la Rete, ma pone le basi per costruire un nuovo principio di cittadinanza digitale: la proposta di legge, infatti, non ha carattere repressivo, bensì educativo, inclusivo e di prevenzione. Il mio impegno è stato quello di partire dalle scuole e soprattutto dai ragazzi in tutto il territorio nazionale, forte del contributo di tutti i soggetti preposti: MIUR, Polizia postale, Garanti privacy e Infanzia e adolescenza, associazioni che lavorano da anni sul campo, procure minorili, Agcom e dalle stesse aziende new media. Proprio queste ultime, per la prima volta e in maniera decisa, hanno dato tutto il proprio supporto; un impegno che risulta fondamentale per l’attuazione del disegno di legge. In tutti gli incontri con gli ragazzi, famiglie, insegnanti, esperti del terzo settore e  rappresentanti istituzionali è sempre emersa la necessità di mettere a sistema una formazione continua che partisse dalla scuola e che riorganizzasse le tante attività educative che ho avuto l’opportunità di constatare in oltre 100 incontri sul territorio nazionale. Alcune azioni previste dalla norma, inoltre, sono già state anticipate nell’aprile del 2015 dal Miur nelle Linee di orientamento di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo. Senza dimenticare che nel luglio del 2015 la legge di riforma della scuola ha introdotto lo sviluppo delle competenze  digitali  degli  studenti,  con particolare riguardo al pensiero computazionale, all’utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media, nonché alla produzione e ai legami con il mondo del lavoro.

Il testo del Senato profondamente modificato dalle Commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera

Proprio a Montecitorio, però, il ddl è stato profondamente modificato nelle commissioni Giustizia e Affari sociali innescando una reazione di esperti e organi di informazione. “Una norma ammazza web” sintetizzano blog e testate giornalistiche nelle ultime settimane, poiché nel testo e nelle altre disposizioni scompaiono i riferimenti ai minori che delimitavano l’ambito di applicazione della norma. Il Fatto Quotidiano (Internet, si legge cyberbullismo, ma si chiama norma ammazza web), il Post (Cyberbulli in Parlamento), PourFemme (Dal cyberbullismo alla censura, tempi duri per il web) e WebNews (Che pastrocchio la legge contro il cyberbullismo) sono stati tra i primi a manifestare le proprie perplessità. Stupore che ho condiviso anche io nelle recenti interviste al Corriere della Sera Cyberbullismo, non c’è accordo“, su Vita nell’approfondimento “Davvero anche gli adulti sono vittime di bullismo?“, su Key4biz: “Bullismo e cyberbullismo: luci e ombre delle modifiche al disegno di legge” e su Radio Rai Parlamento nel Focus dedicato. Anche l’Espresso si è occupato in questi giorni del fenomeno: “Bullismo e cyberbullismo, cosa prevede la proposta di legge in discussione alla Camera“, al pari del Movimento 5 Stelle che in una sua nota ha sottolineato la bontà della legge approvata dal Senato della Repubblica “Cyberbullismo: una buona legge rovinata dal governo“. Temi ripresi, infine, anche dal servizio del TG1, nel corso di un’intervista a Paolo Picchio, il padre di Carolina da sempre sostenitore del disegno di legge proposto al Senato e che ha condiviso il suo messaggio di speranza anche con Papa Francesco.

Come potrebbe cambiare la proposta di legge?

In sostanza si evidenzia che qualsiasi attività, fosse pure isolata, compiuta dai cittadini, anche maggiorenni, sul web conferisce la possibilità a chiunque di ordinare la cancellazione di contenuti sgraditi per i trasgressori, oltre che la rimozione e l’oscuramento dei contenuti con sanzioni sino a 6 anni di carcere. Una trasformazione del senso del ddl che consentirebbe di richiedere la rimozione del contenuto, dell’articolo, del messaggio, di qualsiasi cosa presente sul web, con la possibilità di far bloccare i contenuti rivolgendosi anche al garante privacy. La legge prenderebbe quindi una direzione che la allontana dal testo originale immaginato prima, e redatto poi, per la tutela dei minori sia vittime che bulli, e per la diffusione di un’educazione digitale come illustrato in precedenza: non abbiamo bisogno di reati che ci sono già (diffamazione, minacce, stalking ecc…), ma di interventi educativi per i nostri ragazzi.

Una “rete” per riportare la norma alla sua originale aspirazione

afasfPer questi motivi auspico, sollecitata anche dall’intera rete che ha lavorato in modo costruttivo e con impegno alla stesura del disegno di legge, che vi siano gli spazi in sede di discussione, in Aula alla Camera e attraverso emendamenti, di riportare la norma alla sua originale aspirazione: anche solo alcuni articoli risultano determinanti per salvaguardare il senso della norma. In tal senso sono tante le professionalità e le associazioni che avevano condiviso il testo approvato dal Senato che stanno esprimendo in queste ore preoccupazione per il testo che si appresta ad essere discusso alla Camera dei Deputati. E’ il caso di Teresa Manes, madre di Andrea Spezzacatena che morì suicida anche a causa delle continue vessazioni subite da bulli, ha diffuso una lettera aperta (qui il testo) nella quale sottolinea come “i minori vanno guidati verso la consapevolezza delle loro condotte, informati sui rischi della rete e guidati all’uso consapevole del web. In questa direzione, allora, gli eventuali interventi del Garante della privacy finalizzati alla rimozione dei contenuti impropri, in caso di mancata attivazione del gestore del servizio, sono funzionali allo spirito che caratterizzava il ddl 1261 di cui prima firmataria è la senatrice Elena Ferrara. Uno spirito che mi auguro venga mantenuto nell’adozione del testo definitivo di una legge ad hoc”. Manes aggiunge: “sarebbe un errore introdurre una nuova figura di reato o nuove aggravanti di fattispecie già esistenti”. Un messaggio a cui sono presto seguito quello di Mauro Alovisio del Centro Studi di Informativa Giuridica di Ivrea a Torino che ha scritto al Premier Matteo Renzi, ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, ai relatori della legge Paolo Beni e Micaela Campana e a tutti i deputati una “richiesta di stralcio delle disposizioni che non hanno funzioni educative”. Anche Andrea Donati, coordinatore del tavolo tecnico a supporto del progetto di legge contro il bullismo digitale in Lombardia, attraverso una petizione sta raccogliendo firme per chiedere una completa revisione delle modifiche attuate da parte delle commissioni riunite Giustizia e Affari Sociali. Anche l’Unione Italiana Pedagogisti ha inviato un proprio appello nel quale chiedono la revisione delle modifiche attuate da parte delle Commissioni.

L’impegno del territorio novarese e l’appuntamento del 12 settembre

_GruppoApprezzo in particolar modo che anche da Novara siano partite una serie di appelli e iniziative: il ddl nasce infatti da questo territorio che solo tre anni fa viveva il dramma di Carolina. In questi giorni l’avvocato novarese Antonio Costa Barbè si è già attivato con altri colleghi per scongiurare che “una legge ben fatta e che tutela davvero i minori diventi, invece, un bavaglio per tutti, compresi blog e siti giornalistici”. La nota del legale, ripresa dal Corriere di Novara (leggi qui), sostiene che passando con queste modifiche la norma “sarebbe il de profundis contro il cyberbullismo sui minori, tutela che diventerà del tutto residuale: non possiamo permettere che ciò accada”. Nei prossimi giorni sono in programma altre iniziative su cui vi terrò costantemente aggiornati.

Il testo, infine, prima del 12 settembre potrà subire ulteriori modifiche e successivamente tornerà al Senato della Repubblica per la terza lettura.

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